Quello di donne e smart working è un tema spinoso: i pareri sono molti e diversi, le sfaccettature anche. Abbiamo voluto capirne di più interpellando coloro che ogni giorno si confrontano con questa modalità di lavoro agile. Come accennato, le opinioni sono variegate, ma tutte davvero interessanti. Pronti per il tour?
Donne e smart working, una premessa
Sebbene questa modalità di lavoro agile sia stata attivata, nella stragrande maggioranza dei casi, a seguito delle indicazioni contenute nei DPCM e nei decreti per far fronte alla pandemia in atto, molte donne già la conoscevano e praticavano. È il caso delle freelance che operano, generalmente, nel settore di grafica, comunicazione, social media marketing, copywriting e artigianato. Le motivazioni di questa scelta sono diverse, ma possiamo classificarle in tre grandi gruppi: obbligo, necessità di orari elastici (che spesso in azienda vengono negati), desiderio di viaggiare. Anche perché, è bene ricordarlo, smart working significa solo “lavoro agile”, non per forza “lavoro da casa”, sebbene oggi come oggi sia – giustamente – così.
Fatta questa premessa iniziale, andiamo ora ad analizzare, nello specifico, le varie sfaccettature del binomio donne e smart working.
Mamme in smart working
È probabilmente il caso più diffuso considerando che possono – o forse, devono – accedervi i genitori con figli minori di 14 anni, specie se i bambini sono in DAD come è successo lo scorso anno e, a più riprese arrivando fino ad oggi.
Lavorare da casa e, contestualmente, seguire i pargoli alle prese con le videolezioni e i compiti, tuttavia, non è così agile, come ci hanno spiegato diverse mamme. Il risultato? Difficoltà di concentrazione, stanchezza e, in molti casi, frustrazione. Insomma, ciò che emerge è che spesso è una modalità limitante.
Giovani donne e smart working
Situazione diversa per coloro che non hanno figli. Le categorie sono due: donne che vivono sole e persone che condividono gli spazi casalinghi con coinquilini, genitori o partner. In questo caso in molte sottolineano i vantaggi dello smart working: abbattimento di tempi e costi degli spostamenti, maggior produttività e concentrazione, possibilità di ritagliarsi degli spazi, specie in pausa pranzo, per fare attività sportiva (sempre tra le mura domestiche o all’aperto nei pressi dell’abitazione). Il retro della medaglia, tuttavia, esiste.
Se per chi vive sola, smart working significa mancanza di rapporti sociali, per chi abita con qualcun altro è l’esatto contrario: zero (o poca) privacy, difficoltà nel gestire gli spazi (anche perché non tutte hanno la fortuna di avere una stanza adibita a studio) e, talvolta, conflitti.
Studentesse in DAD
Abbiamo incluso nella nostra indagine, anche le studentesse alle prese con la didattica a distanza che, dopotutto, è la versione scolastica dello smart working.
Se il binomio donne e smart working non è del tutto vincente, quello tra alunne e DAD non è migliore. Anche in questo caso è doveroso fare una distinzione tra adolescenti e universitarie. Le più giovani, infatti, se da una parte si sono abituate alle lezioni a distanza, dall’altra devono fare i conti con tutte le incertezze tipiche della loro età: insicurezza, paura a mostrarsi in tenuta casalinga e senza trucco, vergogna nel collegarsi dalla loro cameretta. A tutte, comunque, manca la frequenza in presenza, il trascorrere l’intervallo a chiacchierare con le compagne, il rapporto umano con i professori. Per le universitarie, è tutta un’altra storia: le lezioni online sono manna dal cielo, specie se fruibili in differita, dato che purtroppo spesso si accavallano e recuperare registrazioni e appunti è spesso difficile. La DAD è molto apprezzata anche dalle fuorisede, che possono risparmiare sulle stanze in affitto e/o sui trasporti, e dalle studentesse lavoratrici che hanno difficoltà a presenziare. L’altra faccia della medaglia, sebbene la percentuale di chi la pensa così, sia molto inferiore rispetto ad altre categorie, è la mancanza degli scambi e dei rapporti sociali, oltre che dello studiare insieme.
Per concludere…
Donne e smart working è davvero un binomio vincente? La risposta non è netta: in alcuni casi sì, in altri no. Quel che è sicuro è che questa modalità porta con sé tanti pregi, quanti difetti. E che l’essere umano, in quanto tale, è un animale sociale e, dunque, a lungo andare, il restare a fissare un pc senza avere alcuna interazione con i propri pari, possa portare parecchi problemi. Ma questo è tutta un’altra storia.
Ciò che noi di Open Mind Space possiamo fare, nel nostro piccolo, per consentire di uscire da questo circolo vizioso, anche solo per un paio d’ore al giorno, è favorire il coworking. Come? Mettendo a disposizione delle postazioni di lavoro nella nostra location, naturalmente nel pieno rispetto di tutte le normative di sicurezza in vigore. Curiosa? Contattaci per saperne di più!
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